Sito del Museo Mineralogico di Isola del Giglio
 

(ASSESSORATO ALLA CULTURA COMUNE ISOLA DEL GIGLIO E REDAZIONE GIGLIONEWS)
con la collaborazione del Prof. Alessandro Fei

"granito delle isole toscane".

Sovrano indiscusso dell'isola, il “granito” mostra tutta la sua imponenza quando il visitatore è ancora sul traghetto, ancor prima di raggiungere la Punta del Lazzaretto, mentre i marinai si accalorano a preparare lo sbarco. Immense e altissime, imponenti e maestose, da sempre le rocce granitiche inducono una sensazione di serena immutabilità, di eternità: è probabile che anche ogni naturalista che fin dalla metà del Settecento ha visitato l'isola per studiarne le rocce, la flora e la fauna sia stato ammaliato dalla loro intrinseca bellezza.
Tanti i nomi che gli sono stati affibbiati in quest'ultimo quarto di millennio:
dapprima granico da Leandro Alberti, frate viaggiatore della metà del Cinquecento, quindi Giovanni Targioni-Tozzetti, massimo tra i naturalisti settecenteschi, parlò di granitello, ed infine il primo geologo italiano degno di tal nome, Giovan Battista Brocchi, lo definì semplicemente granito.

Alla fine dell'Ottocento (1892) la sua particolare composizione mineralogica convinse il segretario della Società Geologica Italiana, Romolo Meli, a ridefinirlo granitite cordieritica, suscitando una querelle che sarebbe durata ben 25 anni, ovvero fino a quando il grande mineralogista Federico Millosevich “ripristinò” il nome originario (1916). Ma non era finita lì: pochi decenni dopo (1959) Giovanni Cocco, sulla base di accuratissime analisi chimiche, lo annoverò tra le granodioriti,

ed infine il famoso geologo Giorgio Marinelli (1961) lo ascrisse tra le quarzomonzoniti.
Ma le sorprese non erano ancora finite. Pochissimi anni fa (1992) il gruppo di lavoro di David Westerman, attraverso accurate indagini geofisiche, stabilì che nella quarzomonzonite, pur derivata da un unico blocco di magma anatettico, si potevano distinguere due aree: una superficiale, costituita da roccia più friabile e di colore bianco-giallastro detta facies di Pietrabona, e l'altra, più profonda, compatta, bianco-latte, lucente, detta facies dell'Arenella.



Si tratta di una roccia magmatica molto acida, relativamente recente (messa in posto circa 5 milioni di anni fa), caratterizzata da quarzo, feldspato potassico (ortoclasio), plagioclasio (albite) e biotite (mica nera) presenti in granuli ben cristallizzati. Tipici e “classici” i componenti accessori: tracce di mica bianca (muscovite), tormalina nera (schörlite), apatite, magnetite, rutilo, zircone, cordierite – l'alterazione di quest'ultima produce, in particolare per il granito della facies dell'Arenella, un caratteristico minerale verde scuro, la pinitepirite, pirrotina e loro prodotti di alterazione, in particolare goethite. Nella roccia sono dispersi anche componenti accidentali e xenoliti, che conservano specie mineralogiche rare (andalusite) o rarissime (grafite).