Sito del Museo Mineralogico di Isola del Giglio
 
(ASSESSORATO ALLA CULTURA COMUNE ISOLA DEL GIGLIO E REDAZIONE GIGLIONEWS)
con la collaborazione del Prof. Alessandro Fei

4) I segreti del Campese

Campese - Torre del Campese - Scogli del “Fondaccio” - Spiaggia di Campese - Cava delle stalattiti - Campese

Tempo: 1½ ore. Dislivello: assente. Periodo indicato per l'escursione: qualsiasi. Si sconsiglia in estate. Vicinanza al mare: sul mare. Spostamenti: rigorosamente a piedi. Attrezzature: lente di ingrandimento, setaccio fine.

 

Chi non conosce il Campese, la splendida baia che fin dall'VIII secolo avanti Cristo serviva ai minatori che vivevano sul Colle del Castellare di Campese come “naturale” porto per il commercio dell'ocra? Ma il Campese nasconde una serie di intriganti segreti che lo rendono, per il naturalista vagabondo, ancora più invitante.

 

Iniziamo il nostro viaggio dal piazzale dove si fermano le corriere. Si svolta a destra, seguendo la strada provinciale in direzione della Torre. Al primo bivio si imbocca la strada sulla sinistra quindi, davanti alla Chiesa di S.Rocco, si prosegue ancora pochi metri fino ad incontrare gli scogli della Torre. La Torre Medicea si staglia contro il cielo in tutta la sua bellezza, e sotto di lei placidi scogli di granito invitano, nei mesi estivi, ad una “super-tintarella”.

 Incamminandosi per gli scogli notiamo come compaiono di nuovo l'aplite e la pegmatite ad intersecare il granito, e la tormalina schörlite si presenta assieme all'ortoclasio in bei cristalli lucenti, allungati. Oltrepassiamo il ponte e davanti a noi osserviamo un'interessante deposito di panchina marina, uno dei pochissimi residui di quella sabbia che ricoprì il granito ancora rovente, appena emerso dal mare, e che si estendeva sopra tutta l'Isola. E' interessante notare le figure che il vento ha scolpito su questa sabbia sinterizzata, e le bizzarre forme che ne sono derivate.

 

Dopo la visita agli scogli ci incamminiamo per la spiaggia di Campese, unica nel suo genere: su un'originaria base di granito polverizzato sono andati a deporsi, anno dopo anno, i residui della miniera, mescolandosi e fondendosi in un delicato pot-pourri che più di qualsiasi altra località del Giglio ne rappresenta la mineralogia e la geologia, e che si rivela sotto gli occhi attenti del naturalista armato di lente di ingrandimento e di una pazienza infinita: compaiono granelli rossi di limonite, perfetti cristalli trasparentissimi di quarzo, plaghette blu di azzurrite, talora accompagnate da sprazzi verde intenso di malachite, cristalli neri lucentissimi di tormalina assieme a masserelle bianco latte di ortoclasio, rarissimi ottaedri viola di fluorite e cubi giallo-oro di pirite, cristallini giallo chiaro di calcite e splendidi campioni rosati di quarzo ametista. Non si tratta certo di campioni di valore collezionistico, ma proprio per questo la spiaggia è un bene che va protetto per la sua unicità. Ci allontaniamo da questo microcosmo coloratissimo per dirigerci verso il residence “La Marina del Giglio”.

 

Sulla destra di esso, mentre il terzo pilone ci sorride, riportando la mente ad un periodo di fatica e di splendore minerario, un piccolo sbancamento ci invita all'osservazione. Giustamente murato pochi anni fa, nasconde una serie di belle stalattiti bianche e gialle formatesi a seguito di fenomeni carsici nelle fratture del nero calcare brecciforme ivi presente. Di dimensioni minute – la più grande, lunga 75 cm, battezzata dal Fei (1988) la goccia d'acqua, è sapientemente protetta da una massicciata – si trovano nelle fratture delle rocce; hanno forme per lo più bizzarre, ed un delicato colore arancione dovuto ad uno strato superficiale di ossido ferrico. Più di tante altre sono degne di protezione e di cura, in quanto geologicamente “morte”, ovvero non più alimentate dallo stillicidio: ammiriamole, dunque, riflettendo sui misteri della natura e sul lentissimo scorrere del tempo, che ci regala, senza pretendere nulla in cambio, i suoi fiori di pietra.