Sito del Museo Mineralogico di Isola del Giglio
 

(ASSESSORATO ALLA CULTURA COMUNE ISOLA DEL GIGLIO E REDAZIONE GIGLIONEWS)
con la collaborazione del Prof. Alessandro Fei


Località mineralogica toscana nota fin dalla seconda metà dell'Ottocento (Antonio D'Achiardi nel 1871 annota, con un certo stupore, la “singolare associazione” tra malachite e galena presente “nei filoni quarzosi della Cala dell'Allume”) e “riscoperta” dagli studiosi e dai collezionisti di minerali alla fine degli anni Settanta del secolo scorso, è una zona decisamente particolare – se non unica – nel panorama della mineralogia italiana per ricchezza di specie mineralogiche e bellezza dei campioni estratti.

Si tratta di una piccola scogliera (ca. 5000 m2) in cui il calcare marmorizzato è intersecato da filoncelli di quarzo intensamente mineralizzato “a solfuri misti”, ovvero pirite, calcopirite, blenda, galena e minime quantità di tetraedrite, direttamente esposti all'azione dell'acqua marina: in queste condizioni i minerali primari, facilmente ossidabili, formano una serie unica di specie secondarie e di alterazione, quali carbonati (calcite, dolomite, malachite, azzurrite, smithsonite, cerussite, idrozincite, fosgenite), solfati (gesso, anglesite, rosasite) e persino alogenuri (atacamite).

Tutte le specie presentano colori molto intensi e vividi, che spiccano bene sul bianco del quarzo, trasformando ogni campione di Pietralta in un vero e proprio “fiore di pietra”. Inoltre anche specie relativamente comuni (galena, pirite, malachite) si presentano con habitus talmente desueti da mettere a dura prova la fantasia dei mineralogisti dilettanti, i quali, stupiti da tali forme, li hanno scambiati per chissà che cosa: prova ne è che sono state segnalate alla Punta almeno una trentina di specie diverse (alcune delle quali, peraltro, rarissime o di norma incompatibili con i processi minerogenetici di questo tipo). In questo clima di grande confusione, grazie al lavoro certosino di studiosi quali Giancarlo Brizzi, Alessandro Fei, Andrea Nannoni, Valter Marinai, Cesare Sabelli, per dirne solo alcuni, si sono potute identificare le diciotto specie sopra citate.

Purtroppo la bramosia del collezionista ha preso il sopravvento sulla pazienza del ricercatore, ed in pochi anni quello che poteva essere uno splendido laboratorio naturale per lo studio delle alterazioni dei minerali, molto più importante dei ben noti affioramenti di solfuri misti di Punta Calamita all'Isola d'Elba (LI) o di zeoliti degli Scogli dei Ciclopi di Aci Trezza (CT) è diventato un dedalo di pericolosissime gallerie scavate da improvvisati “ingegneri minerari” direttamente dentro i filoni quarzosi, una pietraia desolata, “monumento” alla stupidità ed alla cupidigia di pochi. E' auspicabile che con l'istituzione del Parco sia cessato lo scempio di questa zona che, pur non potendo più offrire quelle “singolari associazioni” descritte al tempo di D'Achiardi, può ancora rivelare piacevoli sorprese a chi lo visita per motivi di studio.